martedì 28 febbraio 2017

La riesplosione della vita dopo la più grande estinzione di massa

Un deposito di fossili rinvenuto negli USA dimostra la rapidissima ripopolazione del mare dopo il cataclisma di 252 milioni di anni fa

La più grande estinzione di massa del pianeta, verificatasi tra la fine del Permiano e l'inizio del Triassico, 252 milioni di anni fa, portò via con sé il 96% delle specie marine e il 70% di quelle terrestri: la Terra non si era mai trovata così vicina alla totale scomparsa della vita, nemmeno in seguito agli eventi che 66 milioni di anni fa sterminarono i dinosauri.
Gli scienziati ritenevano che fossero dovute trascorrere decine di milioni di anni prima che gli animali tornassero a ripopolare il mondo: un deposito di fossili, scoperto per caso negli Stati Uniti, li ha smentiti. Come il deposito dimostra, infatti, alghe, spugne, molluschi, crostacei, rettili e pesci - tra cui persino gli squali - avevano già ripopolato le acque 1,3 milioni di anni dopo l'estinzione di massa: un lasso di tempo che, nella scala temporale geologica, può essere paragonata a un battito di ciglia. 
A scoprire i fossili ai piedi di una collina di Paris, cittadina dell'Idaho, è stato un dottorando in geologia presso l'università del Montana, L.J. Krumenacker. Intervistato dal New York Times, il giovane ha raccontato la sua scoperta: ancora adolescente, aveva organizzato un'escursione a caccia di fossili nell'Idaho orientale. Quando ruppe la prima roccia con una martellata, vi trovò otto denti di pescecani fossilizzati; in seguito, scoprì che risalivano a 250 milioni di anni prima.
Il deposito fossile si è rivelato un tesoro: conteneva i resti completi di 750 esemplari appartenenti a 30 specie differenti, senza contare le centinaia di frammenti sparsi. Tutti gli esemplari sono stati descritti in un articolo pubblicato su Science Advances. Il primo autore, Arnaud Brayard, del dipartimento di biogeoscienze dell'Université  Bougogne Franche-Comté, ha commentato così la scoperta: "Non ce lo aspettavamo affatto. L'inizio del Triassico fu sicuramente un'epoca di grande instabilità, ma priva di quegli aspetti di devastazione che ci immaginavamo finora".
250 milioni di anni fa Paris si trovava all'estremità occidentale della Pangea, poco distante dall'Equatore. Le forme di vita ritrovate comprendono specie precedenti all'estinzione e altre che si ritenevano successive di centinaia di milioni di anni. Tra di esse prede, predatori, animali spazzini, uno squalo di due metri, conchiglie, un calamaro dai tentacoli uncinati, un crostaceo saprofago (che si nutriva di scarti altrui) e un rettile marino che potrebbe essere un antenato dei dinosauri.
Ma cosa innescò l'estinzione del Permiano-Triassico? Fu probabilmente una serie di eruzioni verificatesi in Siberia, che riversarono lava su oltre 220 mila chilometri quadrati (equivalenti a due terzi dell'Italia) ed emisero nell'aria enormi quantità di gas tossici e anidride carbonica, causando un aumento delle temperature di 10 gradi superiore rispetto alla norma. Gli oceani divennero acidi e ricchi di zolfo; al contempo, l'ossigeno nelle acque iniziò a scarseggiare.
"Ma in alcune aree rifugio come Paris- scrivono i ricercatori - subito dopo l'estinzione si formarono ecosistemi marini complessi, suddivisi in prede e predatori", che si ramificarono nella sorprendente varietà di specie che ripopolarono la Terra tanto in fretta.

martedì 21 febbraio 2017

L'ottavo continente

Sommersa al 94%, la Zealandia potrebbe essere l'ottavo continente

I continenti sulla Terra potrebbero essere otto. Come riporta uno studio pubblicato sulla rivista GSA Today, edita dalla Geolocal Society of America, al di sotto della Nuova Zelanda si trova la Zealandia, una massa continentale che ammonta circa a 5 milioni di chilometri quadrati, pari a due terzi dell'Australia. Originariamente faceva parte del supercontinente Gondwana, ma durante il tardo Creataceo, al tempo dei dinosauri, è sprofondata sott'acqua in seguito all'azione combinata dei movimenti tettonici e dell'assottigliarsi della crosta terrestre. Oggi è sommersa al 94%: le uniche terre emerse del presunto continente, le sue cime, sono le isole della Nuova Caledonia e della Nuova Zelanda.

Nick Mortimer, geologo neozelandese principale autore dello studio, ricorda che è da almeno un ventennio che gli scienziati stanno cercando di dimostrare l'esistenza dell'ottavo continente - infatti il nome 'Zealandia' risale al 1995. 

L'importanza del nuovo continente risiede soprattutto nella sua rilevanza nello studio di coesione e frattura della crosta terrestre.
La superficie della Terra è costituita, oltre che da 14 placche tettoniche, da due tipi differenti di crosta: continentale e oceanica. Nel corso degli ultimi 50 anni sono stati fatti considerevoli passi in avanti nello studio dei modelli di misurazione delle placche e della deriva dei continenti.

La stessa definizione di "continente" si è evoluta: a oggi, infatti, essa non designa più semplicemente le masse di terre emerse, ma sta a indicare una massa elevata al di sopra dell'area che la circonda, con una composizione geologica distinta in una precisa zona e con una crosta più massiccia rispetto a quella del fondale oceanico.

Alla luce degli studi, la Zealandia pare rispondere alla definizione così come gli altri sette continenti ufficialmente riconosciuti.

lunedì 20 febbraio 2017

L'intelligenza artificiale sviluppa l'olfatto


L'intelligenza artificiale impara a prevedere gli odori dalle molecole


L'intelligenza artificiale sviluppa anche il senso dell'olfatto. Per mezzo di algoritmi che analizzano la composizione chimica delle molecole, infatti, essi sono in grado di prevederne l'odore corrispondente.
La ricerca sta muovendo i suoi primi passi, ma potrebbe rappresentare una rivoluzione nel campo dell'industria alimentare e dei profumi, permettendo di progettare e realizzare odori e profumi su misura.

Per arrivare a questo strabiliante risultato, i ricercatori hanno creato un vasto archivio di dati sugli odori, realizzato grazie a 49 volontari, a cui è stato richiesto di annusare un'ampia gamma di molecole, descrivendone l'odore e l'intensità. L'archivio è stato in seguito pubblicato in rete e utilizzato come base per una sfida online tra i 22 gruppi di ricerca aderenti al progetto, con lo scopo di mettere a punto un metodo informatico in grado di prevedere le risposte delle persone a partire dalla struttura chimica delle molecole.

Ne è emerso che non tutti gli odori sono ugualmente facili da individuare: alcuni, come quelli di aglio e pesce, sono risultati decisamente più semplici da definire, mentre altri, come il fresco e l'acido, sono risultati più difficili da descrivere, probabilmente perché più soggettivi.

Benché ancora lontani dalla loro formulazione definitiva, i modelli elaborati fino a oggi costituiscono un importante progresso nella previsione degli odori e offrono nuove possibilità nella comprensione dei processi biologici legati all'olfatto, nonché a sperimentazioni industriali inedite.


Cerere: scoperta la presenza di molecole organiche

Sulla superficie di Cerere sono state rinvenute per la prima volta tracce di materiale organico

La scoperta è stata pubblicata su Science rivista scientifica americana tra le più prestigiose – questa settimana: sulla superficie di Cerere, unico asteroide del sistema solare interno considerato pianeta nano, sono state trovate per la prima volta tracce di materiale organico, principalmente composti alifatici, ovvero una delle due grandi classi in cui si suddividono gli idrocarburi (l'altra è quella degli idrocarburi aromatici).

La scoperta è italiana: la ricerca è stata infatti condotta dall'Istituto Nazionale di Astrofisica per mezzo delle osservazioni dello spettrometro italiano VIR a bordo della missione spaziale Dawn della NASA. È la prima volta che i dati di una missione spaziale danno prova di una presenza così abbondante di molecole organiche alifatiche su un corpo celeste che non sia la nostra Terra.

La presenza dei composti alifatici su Cerere è ampiamente diffusa: essa infatti copre circa 1000 chilometri quadrati della superficie del pianeta nano. Questa vasta regione si trova nelle vicinanze del cratere Ernutet, ma ne sono state rinvenute tracce anche in piccole aree più lontane.

I ricercatori hanno ipotizzato due possibili cause della marcata concentrazione di materiale organico nei pressi del cratere Ernutet: essa potrebbe essere dovuta all'impatto su Cerere di un corpo celeste ricco di composti alifatici o alla diretta formazione di molecole organiche sul pianeta nano.
L'ipotesi più accreditata è la seconda: in questo scenario i composti scoperti sarebbero il prodotto di processi chimici innescati da attività idrotermale.


Come spiega Cristina De Sanctis, coordinatrice del team che si è occupato della ricerca, la scoperta è importante perché i composti alifatici «possono essere considerati i "mattoni" che costituiscono molecole legate a processi biologici».
Questo, assieme all'abbondanza di filosfati – principalmente argille, come ci spiega De Sanctis – composti ammoniati e ghiaccio d'acqua, nonché la più ingente distribuzione di carbonati al di fuori della Terra, significa che ci troviamo di fronte a un ambiente favorevole al possibile sviluppo di una chimica prebiotica.